Il linguaggio pubblicitario è una grammatica di segni ormai radicata nel linguaggio visivo e verbale. La sua univocità e la volontà di manipolare il gusto e i desideri del pubblico hanno fatto sì che il suo universo semantico si radicasse indisturbato nella coscienza collettiva che ne riutilizza inconsciamente quei meccanismi subiti in prima istanza per scopi puramente commerciali.
Lo stesso ragionamento, ma principalmente in un accezione critica, è stato applicato dall’arte che se ne è servita per elaborare una riflessione sul fenomeno pubblicitario stesso.
In questo caso il linguaggio ha subito un detournement che ne permettesse la rielaborazione.
Ne scaturisce una semantica nuova, che si mescola e riassembla, un iconicizzazione che permetterà a quel linguaggio manipolatorio di assurgere a divinità.
Barattoli di zuppa diventano icone e stratificazioni di manifesti cinematografici ci parlano dell inesorabile scorrere de tempo.
È questo il contenuto di una mostra dal titolo PROPAGANDA – curata da Jacopo Gonzales a Reggio Emilia nello spazio C21 in Palazzo Brami – che attraverso opere e materiali originali prova a raccontare questo ambiguo rapporto tra arte e linguaggio dell’advertising.
Una raccolta di prestiti da varie collezioni private in mostra dal 3 febbraio.
Un viaggio parallelo alla storia dell’arte del secondo novecento per comprendere l’immaginario contemporaneo e i meccanismi che ne hanno determinato l’estetica.

Jacopo Gonzales