Bloomberg rivela un invito di Kkr al fondo PIF del principe Bin Salman mettendo in forte imbarazzo il governo italiano
Di Ennio Bassi
Lo scoop è di Bloomberg: il fondo statunitense KKR & Co. “ha contattato il fondo sovrano dell’Arabia Saudita per cercare co-investitori che si uniscano alla sua proposta di acquisizione di Telecom Italia SpA. KKR – scrive Bloomber, citando fonti che hanno chiesto di restare anonime – ha avvicinato il Fondo pubblico di investimento, che è presieduto dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, per valutare il suo interesse a fornire capitale per l’offerta”. Il fondo in questione è il “PIF” (Public Investment Fund) e fa appunto capo al principe ereditario saudita che tutti chiamano, MPS, e che è lo stesso coinvolto nell’omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi avvenuto nel 2018 in Turchia. Omicidio che rapporti della Cia, resi pubblici, attribuiscono a Mohammed bin Salman come mandante.
A quanto riferisce Bloomberg, KKR avrebbe anche avuto contatti con altri fondi sovrani e investitori per portare avanti il proprio tentativo di prendere il controllo del gigante italiano delle telecomunicazioni. Le trattative sono in corso e – precisa Bloomberg – “il fondo saudita non ha ancora deciso se unirsi al consorzio KKR”. La notizia tuttavia sta nel fatto di apprendere che KKR la partita di TIM se la vuole giocare avvalendosi di un fondo particolarmente discusso come quello di bin Salman per acquistare la maggioranza ed assumere il controllo si una azienda strategica e sensibile quale è Tim, principale gruppo di telecomunicazioni sulla cui rete passano i dati della difesa e dell’intelligence. Lo sconcerto tra i banchi del Governo Draghi alla notizia è stato a dir poco alto.
Giova ricordare che al momento l’azionariato vede i francesi di Vivendi come primi azionisti col 23,75%, e Cdp al secondo posto con il 9,81%. In un contesto così già delicato, dove si decidono questioni altamente strategiche e di difesa per l’Italia, sono anche in ballo equilibri internazionali europei essendo in gioco oltre a KKR la multinazionale francese Vivendi, che è socio di lungo termine di TIM e dove appare del tutto evidente che la sola ipotesi dell’arrivo dei sauditi di bin Salman o di altri fondi mediorientali innalza il livello di attenzione da parte della politica non solo romana. Il Governo Draghi in queste condizioni farebbe davvero partire un Opa KKR e lasciare un controllo al fondo americano che potrebbe subire l’influenza di chi gli ha dato le risorse finanziarie come bin Salman, visto come fumo negli occhi negli Stati Uniti dalla stessa amministrazione Biden?
È vero che kkr ha già fatto operazioni con altri fondi sauditi, quelli degli Emirati arabi ma le hanno per partecipazioni di minoranza e non per rilevare la più importante azienda di telecomunicazioni del Paese. Insomma, l’imbarazzo dei nostri servizi di intelligence e di tutto il comprato difesa è facile da immaginare così come quanto sarà alta l’attenzione che vi sarà su questa vicenda.
Insomma, il tentativo di KKR di giocarsi la partita di TIM coinvolgendo fondi come “PIF” appare poco convincente, soprattutto da un punto di vista politico e strategico motivo per cui è facile pensare che a queste condizioni il Governo difficilmente farà partire un Opa di kkr. Prova ne sia il fatto che oggi i mercati, pur consci dell’opzione saudita, non abbiamo dato segni evidenti di apprezzamento. Il titolo di TIM in borsa oggi infatti si è limitato ad una crescita dello 0,47% a 0,4516 euro, restando ben sotto il prezzo offerto da KKR a 0,505 euro per azione.
Sul fronte interno invece è stata comunicata la convocazione del prossimo Cda straordinario di TIM per il 21 gennaio, seduta nella quale il direttore generale Pietro Labriola con alte probabilità verrà nominato nuovo amministratore delegato. Anche in questo caso pensare di bocciare un piano per farne fare uno nuovo ad un altro manager preso da fuori richiederebbe tempi tali da mettere Tim in game over sui nuovi piani tariffari da offrire agli utenti facendo perdere un anno di mercato a danno di Tim e dei suoi stessi azionisti. Una nomina quindi che apre ormai imprescindibile per la compagnia telefonica, che da quasi due mesi è senza un leader del cda alla sua guida e che in Labriola sembra avere identificato l’uomo giusto cui affidare la sfida dei ricavi per rilanciare i servizi commerciali con una visione di sviluppo che oramai manca in Tim da troppi anni.
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